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Il cane di agility: la conformazione

12, Feb, 2018 | Arena Veterinaria

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Il cane di agility è un atleta canino a tutti gli effetti e come tale dovrebbe essere considerato e gestito. Sia che si tratti per il binomio di un simpatico passatempo, sia che rappresenti un’attività sportiva professionale, le attenzioni basilari che si dovrebbero rivolgere al cane agilista dovrebbero essere le medesime. Non importa infatti la frequenza o l’intensità degli allenamenti, la pressione fisica e mentale a cui è sottoposto il cane di agility è la stessa indipendentemente dal livello agonistico praticato; anzi, forse una certa superficialità nella gestione del cane è più frequente in ambito amatoriale proprio perché non concorrendo ad alti livelli si presume che il grado di impegno del nostro amico a quattro zampe sia trascurabile e non necessiti cure maggiori di un cane che fa una vita da divano e brevi passeggiate al parco. Erroneamente si pensa infatti che un minuto scarso di percorso non comporti uno sforzo particolare comparato magari ad altre discipline con tempi delle prove più lunghe. Per evitare di fare scelte grossolane o di aumentare il rischio di infortuni, sarebbe auspicabile conoscere le esigenze fisiche e mentali dell’atleta canino impiegato in questa disciplina. In questo e nei prossimi articoli vengono analizzati gli aspetti che ritengo fondamentali nella scelta e gestione di un cane da agility. Oggi parleremo della conformazione. Conformazione:

Fig 1

Fig 2

Sebbene questa disciplina sia aperta a tutti i cani, occorre considerare attentamente l’influenza della conformazione del cane che intendiamo impegnarvi sulla performance sportiva. In base infatti agli obiettivi di performance e lavoro dovremmo sottoporre il cane ad uno speciale allenamento con specifiche richieste al suo fisico. Non esiste infatti un approccio universale ma piuttosto un’attenzione e una preparazione più individualizzata alle caratteristiche anatomiche del cane che variano da razza e razza e da soggetto a soggetto nell’ambito della stessa razza. Imparando a conoscere i limiti del proprio cane (grazie all’aiuto del veterinario di medicina sportiva/fisiatra e chiropratico/osteopata in      collaborazione con il proprio istruttore) sarà possibile rispettarli scegliendo un piano di allenamento ad hoc che li rispetti e non lo metta a rischio di infortunio. Ad esempio un Corgi (Fig 1) e un Barbone Toy (Fig 2) sono nella stessa categoria small e devono percorrere gli stessi pattern di ostacoli ma il secondo è indubbiamente avvantaggiato dal punto di vista biomeccanico anche solo per la differenza di peso oltre che ovviamente per il rapporto tra la lunghezza degli arti e quella del tronco.

Fig 3

Un modo di valutare lo stress che agisce a livello muscoloscheletrico sul cane di agility è di calcolare il rapporto peso/altezza. Esiste infatti una formula americana che permette di dividere il peso misurato in libbre per l’altezza misurata in pollici al garrese (Fig 3) in modo da correlare il risultato allo stress sulle articolazioni durante la corsa, il salto e le svolte. Ad esempio un tipico maschio di Golden Retriever ha un rapporto di 2.9 mentre un maschio di Corgi 2.7, questo per spiegare come pur avendo un evidente differenza di taglia, condividano quasi lo stesso ammontare di stress articolare. I cani con un rapporto maggiore di 2.5 dovrebbero allenarsi e competere solo su superfici non scivolose (quindi ad esempio da escludersi terreni dove ha piovuto da poco) e altamente comprimibili, e inoltre saltare al massimo della propria altezza solo in alcuni allenamenti, in modo da limitare il rischio di strappi e distorsioni (Zinck et Van Dyke, 2016).

Fig 4

Di altrettanta importanza è l’angolazione del posteriore. Quest’ultima si analizza ponendo il cane con i metatarsi (la porzione di arto compresa tra il garretto e il piede) perpendicolari al suolo (Fig 4) . Ci sono vantaggi e svantaggi nell’avere una groppa estremamente angolata; ad esempio cani con questa caratteristica coprono più terreno con la falcata dei posteriori e consumano meno energia ma d’altra parte hanno articolazioni più instabili e impiegheranno più forza muscolare e coordinazione per bilanciarsi. Cani invece con posteriori molto dritti tendono ad essere più precisi e coordinati soprattutto nelle svolte strette rispetto alla prima categoria. Ne risulta pertanto che una media tra questi due estremi di conformazione sia la miglior situazione per un cane di agility (Zinck et Van Dyke, 2016).

Fig 5

Per quanto riguarda gli arti anteriori sono da valutare l’angolazione della scapola (Fig 5) e la lunghezza dell’omero (le due ossa che si articolano nella spalla). La prima dovrebbe essere di 30° (Elliott, 2011). Al contrario di quanto accade per la groppa non ci sono però svantaggi nell’avere una scapola maggiormente inclinata perché questo permetterà una falcata più ampia degli anteriori e una maggiore flessibilità della spalla in modo da assorbire al meglio lo shock al contatto con il terreno nella ricezione del salto quando l’anteriore è al massimo dell’estensione. Infine per quanto concerne l’omero si dovrebbe avere la stessa lunghezza della distanza misurata tra la parte più dorsale della scapola e il tubercolo maggiore dell’omero stesso (tratto AB in figura) e quella tra il tubercolo maggiore dell’omero e il gomito (tratto BC in figura). Da questa conformazione ne risulterà una minore concussione e un maggior sviluppo di bicipite e tricipite (Zinck et Van Dyke, 2016). Infine occorre ricordare che prima di avviare qualsiasi cane all’attività agilistica sarebbe auspicabile aver escluso radiograficamente la displasia del gomito e dell’anca nonché patologie congenite come la necrosi della testa del femore, l’osteocondrite dissecante e altre malformazioni. Sebbene esistano delle predisposizioni di razza, molte di queste patologie possono essere presenti in qualsiasi razza. Molto più subdola è la condrodistrofia, una condizione per la quale molti cani come Cavalier King Charles, Bassotto, Bouledogue, Carlino ecc hanno una maggiore predisposizione all’ernie discali di tipo 1 (quelle di origine traumatica), dove basta una piccola torsione o carico eccessivo a livello di colonna vertebrale ad avere la fuoriuscita del nucleo del disco intervertebrale con conseguente compressione del midollo spinale. Questa condizione patologica non la si può diagnosticare radiograficamente quindi è da considerare sempre nelle razze sopracitate in modo da dare grande importanza allo sviluppo della muscolatura del tronco e addominale per migliorare la biomeccanica e ridurre il rischio di trauma discale. Nei prossimi articoli verranno trattati: la forma fisica, l’allenamento, l’alimentazione e le caratteristiche funzionali del cane in relazione alla disciplina praticata.